A chi non vive la disabilità può apparire una cosa ovvia: l’insegnante di sostegno aiuta il bambino in difficoltà, la legge lo prevede ed è quindi una questione di principio.
Sbagliato, nessun genitore si permette più il lusso di fare battaglie difficili e impegnative per questioni di principio.
Il concetto di integrazione scolastica stà scritto nella legge 104/92, legge quadro sulla disabilità che è un fiore all’occhiello della legislazione italiana.
La stessa legge stabilisce la priorità dell’inclusione scolastica del disabile passando per il gruppo classe, tanto che l’insegnante di sostegno non è assegnato al disabile ma alla classe. Questo concetto di “contitolarità di cattedra” viene usato con una certa comodità e libertà di interpretazione, i dirigenti lo usano se devono pretendere che il sostegno faccia “anche altro” e magari sostituisca i colleghi assenti, oppure dagli uffici scolastici provinciali e regionali quando tuonano che solo un insegnante di sostegno può stare dentro una singola classe (anche se ci sono 3 o più disabili).
In realtà il legislatore ha voluto inserire il concetto di contitolarità per evitare discriminazioni: l’insegnante di sostegno è a tutti gli effetti un insegnante della classe e ciò per evitare che finisca a fare da baby sitter al disabile senza che l’insegnante curricolare se ne curi. Il disabile è un alunno come gli altri e l’insegnante curricolare non dovrebbe pensare che ciò che lo riguarda è solo affare dell’insegnante di sostegno, togliendogli in questo modo, ogni chance di integrazione e declassando a “badante” il collega di sostegno. Questa “ratio legis” viene però usata per foraggiare la campagna “troppo sostegno non è integrazione” che cela in modo maldestro il pensiero sotteso “il sostegno costa troppo” .
E’ vero, la presenza costante dell’insegnante di sostegno, in particolare dalle scuole medie in poi, può danneggiare la vera inclusione del disabile che viene percepito come il “diverso” della classe. Ogni genitore di bimbo disabile vorrebbe non dover ricorrere alla presenza “ingombrante” del sostegno e vorrebbe poter delegare gli obiettivi di crescita e integrazione del proprio figlio al solo insegnante curricolare. Il ministero e i vari uffici scolastici ritengono che i curricolari siano lavativi e che non vogliano farsi carico del disabile, si infuriano sostenendo che l’insegnante curricolare deve fare di più…in un atteggiamento che somiglia troppo ad un “armiamoci e partite”.
Lo spaccato di realtà è un altro. Gli insegnanti curricolari hanno da gestire classi abnormi, nella primaria anche di 24 bambini, tra i quali talvolta ci sono 2 disabili in condizione di gravità (104 art.3 comma3) e altri due non in condizione di gravità (104 art.3 comma1) e magari qualche altro senza certificazione e, secondo il ministero, l’insegnante curricolare dovrebbe essere in grado di seguire il PEI (piano educativo personalizzato) e di raggiungerne gli obiettivi con l’aiuto di un solo insegnante di sostegno.
La domanda da porsi è: come è possibile che tanti alunni disabili stiano dentro la medesima classe?…bella domanda. Non esiste un tetto massimo ma esiste un numero massimo di alunni per classe in cui sono presenti i disabili, cioè 20, limite praticamente mai rispettato. La condizione però rispecchia perfettamente lo stato in cui versa la scuola; molte necessità speciali e nessun supporto reale. Capita non di rado che alcuni insegnanti chiedano di tenere i figli a casa quando non è presente il sostegno, oppure di pagarsi di tasca propria educatori che stiano a scuola a coprire laddove non copre il sostegno. Questo accade perchè la gestione di tante criticità è del tutto improponibile considerato che esistono anche le sacrosante ragioni degli altri bambini il loro diritto allo studio. Se le insegnanti curricolari fossero veramente messe nelle condizioni di occuparsi dei nostri figli e di fargli raggiungere gli obiettivi prefissati, noi non avremmo esitazioni ad abbandonare l’insegnante di sostegno. Di fatto questo è utopia e propaganda ad uso di contabili e burocrati in vena di sforbiciate.
Questo è il motivo per il quale noi ESIGIAMO la presenza costante del sostegno, in particolare laddove è richiesto e necessario il rapporto 1:1, e per questo siamo arrivati alle aule di tribunale e non per questioni di principio ma per reale e concreta necessità.