L’autismo e l’equivoco.

Sono giorni di grande fermento, ci spostiamo da una battaglia ad un’altra, per una vinta a livello locale, si prospetta una titanica a livello regionale…ma tant’e’, siamo qui anche, e non solo, per questo.

Durante il seminario del 10 gennaio scorso Marco Espa ci aveva anticipato che esistevano dei programmi di modifica dei criteri di attribuzione dei piani personalizzati 162, in cui si voleva considerare disabilita’ solo quella in carrozzina o delle persone allettate.

Gli altri non sono disabili, perché camminano e qualche volta parlano.

La fascia nutrita degli esclusi sarebbe quella della disabilita’ mentale, dei nostri bimbi autistici ad esempio.

Ed ecco l’equivoco.

Mio figlio, quasi 8 anni, spettro autistico di grado moderato ad alto funzionamento, parla e cammina, legge e scrive. Per un occhio profano lui e’ un bambino quasi del tutto normale, a limite un po’ strambo.

Mia figlia quasi 3 anni, fresca di diagnosi di spettro autistico e con una storia di cerebrolesione e anomalia cromosomica rara, lei parlotta, male ma parlotta, cammina, male ma cammina, a limite sembra una bimba un po’ in ritardo.

Per loro, e non solo per loro, io sto alzando polveroni e infiammando proteste e a qualcuno potrebbe venire in mente di dirmi – ma cosa vuoi?…i tuoi figli non hanno problemi seri.

In verità ai miei bambini mancano gli elementi basilari per capire il mondo che li circonda e, tutto ciò che i loro coetanei imparano spontaneamente, loro lo imparano per lunghi e faticosi percorsi terapeutici.

Riguardo all’autismo esistono delle linee guida dell’Istituto Superiore di Sanità che ci danno delle indicazioni inequivocabili su quali siano i trattamenti mediamente efficaci. Questi trattamenti non guariscono ma possono portare il soggetto ad un’autonomia adulta accettabile. Le linee guida indicano trattamenti intensivi da 30-40 ore settimanali. Il servizio pubblico o convenzionato ci passa, al massimo, 4 ore settimanali. Con i piani personalizzati 162 e con la famigerata legge 20, riusciamo ad arrivare ad un monte ore di trattamento di 10 ore settimanali al massimo, rimanendo comunque molto sotto il monte ore raccomandato.

Si lavora sodo insomma, e se i miei bambini raggiungono risultati e’ perché, loro per primi, lavorano ogni momento della loro esistenza per imparare ciò che naturalmente non acquisiscono.

Secondo le nuove e illuminate concezioni dei nostri burocrati a noi non serve avere sostegno economico per l’assistenza indiretta e, considerato l’esiguo apporto del servizio pubblico, nemmeno di quello .

Io, e come me molti altri genitori, dovremmo rassegnarci, riporre nel cassetto quei sogni di recupero nei quali oggi stiamo investendo anima e corpo. Dovremmo ritenerci soddisfatti per quanto avuto e ottenuto e per il resto…arrivederci e grazie.

Cosi vedo un futuro più nero della pece e vedo i miei figli fare la fine di quei ragazzi oggi ventenni che supporto in infanzia non ne hanno avuto. Sento le voci delle loro madri che mi dicono …non mangia più, non parla più. Li vedo rinchiusi nelle cliniche imbottiti di psicofarmaci…qualcuno di loro non sopravvive ai suoi fantasmi.

Questo e’ il futuro dei miei bambini?

No grazie, io pretendo oggi tutto ciò che consentirà che un futuro così tetro non diventi realtà.

E se voi, burocrati, politici e amministratori della cosa pubblica, la pensate diversamente…che peste vi colga!

Veronica